Boom Video Streaming: lo stato dell’arte nel post-lockdown

boom video streaming

Nei primi nove mesi del 2021 il tempo speso nel consumo di video sui device digitali (smartphone, tablet, pc) rispetto allo stesso periodo del 2020 è cresciuto del +21%  concentrandosi sui player digitali, sia storici che nuovi (90% del tempo speso sulle property dei  player video a settembre è trascorso su YouTube, TikTok, Netflix e Twitch). La penetrazione delle TV Connesse (45% delle famiglie italiane) continua ad accelerare e un terzo  degli utilizzatori abituali visualizza solo contenuti in streaming per i quali Netflix, Amazon Prime Video e YouTube si stanno progressivamente affermando come veri e propri “gateway di  accesso” alle categorie di contenuti più visualizzate.  Le property digitali dei broadcasters registrano buone performance (+27% del tempo speso) e  devono differenziare l’offerta rispetto a quella televisiva tradizionale.  Cresce la saturazione del mercato degli abbonamenti ai servizi di streaming con quasi la metà dei sottoscrittori che costantemente rivaluta la convenienza dei propri pacchetti e considera il costo e le promozioni il primo driver di scelta.      Milano, 9 novembre 2021 – Sensemakers, società di consulenza nel marketing digitale, presenta i risultati  della nuova ricerca sulla crescita del consumo di video online e sull’evoluzione dei comportamenti di consumo all’avvio della nuova stagione che ci si augura dovrebbe essere caratterizzata dal ritorno alla  normalità dopo l’emergenza sanitaria. Lo studio integra diverse fonti di dati: Auditel, Audience Analytics di  Comscore e una ricerca ad hoc sugli heavy user di video online sia sulle piattaforme gratuite che su quelle a  pagamento realizzata nelle prime due settimane di settembre.  Evoluzione dei comportamenti di fruizione I device digitali (smartphone, pc e tablet) e il confronto con la TV lineare  Nei primi nove mesi del 2021, il tempo speso nella fruizione di contenuti video sui device digitali  (smartphone, pc e tablet) è cresciuto del 21% rispetto allo stesso periodo del 2020 quando i consumi sono stati accelerati dall’emergenza pandemica (incremento del +53% sul 2019). Particolarmente significativo l’aumento fatto registrare dal segmento dei giovani 15-24 pari ad un +44% e + 85% Y/Y rispetto agli stessi  periodi del 2020 e 2019.     La TV lineare ha mostrato una certa resilienza, registrando un calo del -6% del tempo speso sul totale  popolazione sul 2020 ma una crescita del 4% sul 2019. Queste dinamiche sono più marcate sul segmento  giovanile con un -14% rispetto al 2020 e + 2% rispetto al 2019. A settembre 2021 mentre il consumo televisivo lineare continua ad essere largamente prevalente (92%) in termini di tempo speso sul totale  popolazione, sulle fasce d’età giovanili (15-24 anni) quello trascorso sui player video attraverso i device  digitali rappresenta ben il 35% del totale.  È tuttavia interessante notare come la distribuzione del tempo speso sui device digitali nella fruizione video sia fortemente concentrata sui player che storicamente presidiano l’area dei contenuti video online come  YouTube (57% del totale) ma anche su attori relativamente nuovi come TikTok (22% del totale).      La Connected TV  Secondo le più recenti stime della ricerca di base Auditel in Italia sono 10,9 milioni le famiglie che possiedono  una TV connessa (45% del totale) con un livello di penetrazione che nei prossimi mesi aumenterà  notevolmente (anche a causa degli incentivi governativi per la sostituzione dei televisori a supporto della  migrazione al nuovo standard di trasmissione DVB-T2) fino a raggiungere il 78% alla fine del 2022.  Per indagare il ruolo sempre più centrale che questo mezzo riveste nella dieta mediatica degli italiani è stata condotta una ricerca su un campione rappresentativo di heavy user di video online (il cui 79% utilizzatore di  TV connesse) da cui è emerso che la CTV assorbe il 56% (era il 52% nella ricerca precedente) del tempo speso nella visione di contenuti video in streaming.  Gli heavy user medi giornalieri, fruitori di contenuti video attraverso la CTV, sono circa 11 milioni e il 32%  di questi visualizza solamente contenuti di puri operatori streaming a fronte di un 45% con una fruizione  mista (broadcaster e puri operatori streaming) e di un 23% esclusivi broadcaster.  Sul segmento d’età 18-34 la componente ‘streaming only’sale al 46% mentre il cluster misto scende al 36%  e il ‘broadcasters only’ al 18%.      Tali cluster mostrano profili socio-demografici omogenei e la principale leva di differenziazione è proprio rappresentata dalla diversa dieta mediatica.  Altri dati caratterizzanti gli heavy user della TV connessa sono l’intenso utilizzo del second screen (89% anche se per un 60% in chiave di ottimizzazione dei tempi) e il fatto che uno su cinque finalizzi la visualizzazione dello stesso contenuto su più di un device (percentuale che sale al 35% nel segmento 18-34).    Scelte e driver di visione Serie e film continuano a essere i contenuti più visualizzati sulla CTV ma aumenta anche il consumo dei  cosiddetti contenuti “unscripted” (intrattenimento, informazione, musica e sport) fruiti in modalità cross-device che portano Netflix, Amazon Prime Video e YouTube a vantare le maggiori penetrazioni tra gli heavy  user utilizzatori di CTV.  Questi operatori stanno infatti capitalizzando gli elevati livelli di gradimento già emersi nelle precedenti  ricerche e stanno assumendo la funzione di veri e propri “gateway” di accesso a determinate categorie di  contenuti.      La presenza e il continuo aggiornamento di titoli ‘hero’, la personalizzazione dell’offerta e i consigli alla visione  derivanti dall’elevata capacità di gestione dei dati (solo il 50% di chi accede alle piattaforme SVOD ha già  deciso cosa guardare contro il 66% delle piattaforme BVOD) sono i maggiori punti di forza. Nei primi 9 mesi dell’anno le property digitali dei broadcaster televisivi rilevati da Auditel hanno fatto  registrare una crescita del tempo speso del +27% particolarmente pronunciata per i contenuti live (+42%) e Full Content. Su questi ultimi, che sono contenuti integrali come ad esempio puntate intere di reality o  episodi di fiction, si è concentrato il 79% del tempo speso.  Tale dinamica è in parte riconducibile anche a un calo della produzione (-44% dei contenuti pubblicati) e  soprattutto dell’attività di clippizzazione che, se da un lato può essere interpretata come uno sforzo di  ottimizzazione, dall’altro rappresenta un potenziale rischio.   I video