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L’approccio di Group Media Agency Wavemaker all’uplift del brand e alla misurazione delle campagne

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Riportiamo di seguito la traduzione di un’interessante intervista pubblicata da Brand Metrics al Head of Digital di Wavemaker in Olanda, Martin van der Meij. 

L’approccio di Group Media Agency Wavemaker all’uplift del brand e alla misurazione delle campagne – (in Olanda)

01/03/2021

Martin Van Der Meij è l’Head of Digital presso Wavemaker in Olanda. Wavemaker è un’agenzia multimediale di GroupM. I suoi clienti includono Vodafone, Mondelez, Ziggo, Action, Toyota, Lexus e Suzuki. Sono specializzati nell’offrire ai clienti una visione chiara e completa del mondo digitale.
Per la prima intervista a un’inserzionista, nella nostra serie di #brandliftlessons, abbiamo chiesto a Martin qual è l’approccio di Wavemaker alla misurazione delle campagne e l’impatto di un brand lift “always on”.

Qual è il ruolo principale del digital advertising nella costruzione dei brand di cui sei responsabile?

Nonostante l’hype, il digitale è ancora per lo più utilizzato come una componente aggiuntiva alla TV o alla radio per i principali brand. Possiamo tracciare la spesa per i vari media tramite il nostro tool interno. Questo ci consente di prevedere l’impatto di misure come il potenziale uplift del brand attraverso il canale.
TV e radio sono ancora i maggiori vincitori in questo processo in termini di branding. Principalmente perché radio e TV sono più efficaci per raggiungere un vasto pubblico.
Fino a poco tempo fa, si usava il digitale per raggiungere coloro che non potevamo raggiungere altrove, ad esempio i light TV user. Dico fino a poco tempo fa, perché per farlo abbiamo bisogno di segmenti di utenti. Ma con la copertura dei cookie di terze parti già scesa al di sotto del 50%, si può già notare come questa non sia una proposta sostenibile. Quindi, per il digitale, ci stiamo muovendo lentamente verso il targeting contestuale e basato sul dominio invece che sul pubblico.

Come misuri in genere l’effetto delle tue campagne digitali?

La realtà è che non stiamo ancora misurando il brand lift su ogni campagna, nemmeno tutte le campagne TV sono attualmente coperte. E questo principalmente perché i metodi e i fornitori tradizionali sono troppo costosi, ma anche perché ci sono spesso ritardi.
Dunque, ciò che lo sostituisce è un benchmark. E “all’interno dei walled gardens”, ciò che abbiamo sono essenzialmente studi scritti da Google o da Facebook. Di cui non sono un fan, perché non sono obiettivi.
L’obiettivo che vorremo raggiungere è di essere in grado di eseguire misurazioni regolari del brand lift, attraverso diversi tipi di misure e obiettivi della campagna, e di poter confrontare i risultati.

Quali sono le tue opinioni sulla misurazione brand lift? Lo richiedi per le campagne di cui sei responsabile e lo ricevi spesso?

Prima di Brand Metrics, non esisteva una proposta standard per la misurazione del brand lift da parte degli editori nella nostra regione.
Il punto di forza principale di Brand Metrics è la sua neutralità, ed è per questo che ho portato avanti una campagna per gli editori qui in Olanda, per iniziare a utilizzare la loro tecnologia.
Con questa soluzione, saremo finalmente in grado di confrontare l’uplift del brand in base a formati e ambienti per ciascun brand. E poiché è “always on” per natura, avremo anche benchmark notevolmente migliorati. Questo, a sua volta, può davvero iniziare a influenzare come e dove investiamo nel digitale.

Quali sono i principali vantaggi che la misurazione costante del brand lift offre ai brand, alle agenzie e agli editori?

Come accennato, la possibilità di avere benchmark migliori non deve essere sottovalutata. Attualmente, questi non sono disponibili e, per necessità, si basano su campioni di dimensioni inferiori.
La misurazione regolare del brand lift offre inoltre agli editori più argomenti per invogliare i brand a investire su di loro – rappresenterebbe un’alternativa al CTR, che gli inserzionisti utilizzano prevalentemente – anche se l’attenzione verso il CTR, comprensibilmente, non scomparirà mai del tutto.
Il problema principale che abbiamo in questo settore è la costrizione a seguire ciecamente ogni grande novità offerta dalla grande tecnologia. Ci sono un numero enorme di misure differenti nel digitale, mentre la TV si concentra ancora su frequenza, reach e prezzo, il che funziona, più o meno. Tornando al digitale, il mercato è sovraffollato di metriche di dettaglio, e così non è possibile sviluppare una visione più ampia.
Un esempio: nel video, attualmente siamo ossessionati dai tassi di completamento, senza avere misurazioni che verifichino che un video sia effettivamente in primo piano rispetto all’utente. Se viene riprodotto su una scheda inattiva o se qualcuno, nel mentre, sta ascoltando una playlist di YouTube sul proprio telefono, è molto probabile che il video non sia stato guardato. In tal caso, il tasso di completamento diventa insignificante.

Hai riscontrato i dati di Brand Metrics nel tuo lavoro quotidiano e qual è la tua opinione su ciò che Brand Metrics sta cercando di ottenere nel mercato?

Come ho detto sopra, abbiamo incoraggiato i top publisher nei Paesi Bassi a adottare e offrire le metriche di Brand Metrics. Siamo in una posizione in cui tutti stanno utilizzando Brand Metrics o si accingono a farlo, il che significa che è finalmente disponibile una misurazione standard dell’uplift del brand a livello di settore.
Il prossimo step per i publisher consisterà nell’informare il mercato sull’esistenza di questa possibilità. Quindi, da parte nostra in Wavemaker, dobbiamo assicurarci che anche tutti i planner conoscano Brand Metrics. 
Vogliamo quindi muoverci nella direzione di una misurazione always on. Sarebbe davvero l’ideale per noi: vedere l’impatto dell’up lift del brand in tutte le campagne. Nel settore FMCG, ad esempio, tali benchmark potrebbero avere un impatto enorme, perché finalmente saremo in grado di dimostrare empiricamente l’impatto di qualsiasi formato, creatività o ambiente.
Non abbiamo ancora idea, ad esempio, di quale sia o potrebbe essere la differenza nell’uplift del brand di un’acquisizione della home page tra il publisher A e B, o di come performa il video outstream in confronto alla campagna display nell’uplift del brand. Finalmente saremo in grado di attribuire un valore effettivo a tutto ciò.
L’elenco potrebbe continuare: in definitiva, per le agenzie media, ci sarà un grande impatto su dove indirizzare gli investimenti, una volta che supereremo la black box rappresentata in questo momento dal digitale.

 

A questo link è possibile leggere la versione originale dell’articolo: https://www.brandmetrics.com/blog/post/bm-wavemaker-interview 
 

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